COME CAMBIA LA COMUNICAZIONE NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER
"Tutti i malati di Alzheimer presentano prima o poi disturbi della comunicazione?" Sì, la Malattia
di Alzheimer è associata così di frequente ai disturbi della comunicazione
che oramai questi costituiscono uno dei criteri diagnostici (DSM-IV).
Il graduale peggioramento nell'abilità di farsi capire e/o di capire gli
altri si rivela una delle conseguenze tra le più disastrose e disarmanti da
affrontare, sia per il malato sia per i familiari.
Nella malattia di Alzheimer esiste una notevole variabilità
individuale per quanto riguarda il momento della comparsa, la velocità di
aggravamento e la tipologia dei disturbi comunicativi. Tuttavia è
possibile delineare un certo "profilo" correlato alle tre grandi fasi
evolutive della malattia: iniziale, intermedia e avanzata.
Nella FASE INIZIALE i problemi riguardano prevalentemente il contenuto
del discorso, e più nello specifico la conversione del pensiero in linguaggio, così come la ricerca lessicale (la scelta delle parole). Il discorso di una persona
affetta da Alzheimer in fase iniziale appare confuso. Quest’incoerenza nasce dalla
difficoltà di tenere a mente quello che il soggetto intende comunicare mentre
il suo pensiero lo elabora linguisticamente.
Di seguito, riporto alcuni esempi che descrivono le caratteristiche
tipiche rilevabili nel linguaggio Alzheimer in fase iniziale:
«Spesso mia madre inizia
un discorso e poi, senza motivo, non lo finisce» (false partenze).
«Frequentemente mancano dei pezzi
importanti nei discorsi di mio padre che ci impediscono di capire cosa vuole
dire esattamente» (omissioni).
«Mia moglie, ultimamente, non
tiene il filo del suo discorso; salta continuamente di palo in frasca» (intrusioni).
«Ho notato che mio padre da
qualche tempo, anche all’interno dello stesso discorso, ripete le medesime cose»
(perseverazioni ideative)
Al tempo stesso, il discorso Alzheimer in fase iniziale presenta:
-Anomie: difficoltà nel trovare
le parole (effetto «punta della lingua»);
-Parafasie verbali: uso di una parola al posto di un'altra in base alla somiglianza
fonetica (ad esempio "campagna" al posto di "campeggio"), alla
somiglianza semantica (ad esempio "forchetta" anziché "cucchiaio")
o ad entrambi (ad esempio "accappatoio" invece di
"cappotto").
Il malato, essendo in questa fase consapevole dei suoi difetti,
ricorre a delle strategie che in qualche modo gli permettono di
compensare le sue difficoltà. Queste strategie sono generalmente rappresentate da:
-parole passe-partout: coso, roba, aggeggio...
-termini di incertezza: credo che, secondo me...
-giri di frasi a volte anche lunghe, creando la
falsa impressione che la persona sia diventata più verbosa rispetto a prima.
Inoltre, emergono
difficoltà nel seguire dialoghi veloci e complessi tra più persone, soprattutto
se svolti in ambienti con rumori di sottofondo.
Nella FASE INTERMEDIA aumentano notevolmente le difficoltà
linguistiche. Il malato inizia a manifestare una vistosa pigrizia verbale, ossia si
esprime più lentamente e si ripete spesso sia nelle affermazioni sia nelle
domande. Spontaneamente parla quasi esclusivamente di cose che avvengono
nell’immediato. Questo si verifica perchè la persona non è più in grado di mettere in ordine cronologico gli
eventi, di distinguere ciò che é già successo da quello che deve ancora
accadere e di rappresentare il futuro. A poco a poco scompaiono i discorsi
narrativi per lasciare spazio a discorsi
solamente descrittivi ed egocentrici. Si accentua l’anomia che non viene più compensata e sono
frequenti le perseverazioni verbali, ad esempio: «Ho bevuto il latte e anche il latte» (al
posto di "caffè").
Oltre ai disturbi di contenuto, si evidenziano anche alterazioni a
livello della struttura del discorso, ad esempio frasi lasciate in sospeso. Il
malato, in questa fase, commette anche delle parafasie fonemiche (a volte
ancora riconoscibili: «gabilotto» per «gabinetto») fino a creare dei neologismi
veri e propri («crango» per «cavatappi»). Il quadro complessivo corrisponde a
quello che gli anglosassoni definiscono "Empty speech", cioè l’eloquio regge, ma è privo di contenuto.
Anche il versante espressivo della comunicazione non verbale si deteriora: i gesti che accompagnano le parole non sempre
sono congrui e l’espressione mimica diviene meno vivace. A questo stadio, il malato non è più in grado di seguire una semplice
conversazione e non comprende più ordini semi-complessi («Prendi il latte nel frigorifero e versalo nella tazza») o complessi («Prima di venire a tavola, vai a lavarti le
mani»). Solitamente NON esiste più piena consapevolezza delle proprie
difficoltà comunicative.
Nella FASE AVANZATA le risorse linguistiche sono molte scarse. Il
malato parla solo se stimolato, con risposte spesso stereotipate, inquinate da parole che il malato stesso ha pronunciato in precedenza o da parole dette da altri. Questo crea delle perseverazioni verbali: «Giulia
chiamo...eh...mi chiamo...chiamo Paolo...ecco…» per dire «Mi chiamo Giulia e mio marito Paolo». Oppure
genera eco-risposte in cui il malato "si
appoggia" alle parole dell’interlocutore: «Come
stai oggi?» «Come sto? Sto bene,
grazie». Oppure si limita a ripetere la domanda fatta dall’interlocutore: «Come stai?» «Come stai?». O, ancora, ripete domande anziché dare risposte: «Hai fame?» «Ho fame?» Infine, a volte si presentano ripetizioni compulsive di parole che il
malato sente nell’ambiente, anche se non sono indirizzate a lui.
Negli ultimi stadi dell’Alzheimer, le espressioni verbali possono
essere ridotte a qualche stereotipia o qualche parola, o non-parola, isolata che
il malato può ripetere instancabilmente. A volte la persona bisbiglia solo le ultime sillabe delle parole: «cie...cie...cie...cie...», oppure
associazioni di suoni: «ghi...ga...ghi...ga...ghi».
Infine può non emettere che gemiti o urli per poi arrivare a un mutismo
totale.
La comprensione risulta gravemente compromessa. La comunicazione non verbale è notevolmente ridotta. E’ presente
inerzia motoria. Il volto è completamente privo di espressione. Anche il
contatto visivo con l’interlocutore risulta difficile.
Questa è, in linea di massima, la descrizione di come la comunicazione della persona affetta da malattia di Alzheimer si deteriora progressivamente.
"Cosa devo fare se mi accorgo che un mio familiare presenta problemi di comunicazione simili a quelli descritti per la fase iniziale/intermedia?" E' importante capire l'origine delle problematiche comunicative. Non sempre le difficoltà linguistiche sono connesse a un esordio Alzheimeriano. Il consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico, al neurologo e al neuropsicologo che possono fornire chiarimenti e delineare un quadro completo e preciso della reale situazione.
Nel prossimo articolo fornirò alcune indicazioni utili al fine di
garantire l’instaurarsi di un contatto comunicativo ideale con il malato di Alzheimer. Resto comunque a disposizione per rispondere ad eventuali vostre domande e/o dubbi!
Dott.ssa Elena Salvetti
Psicologa clinica - formata in Neuropsicologia
334.1604200
salvettielena@libero.it
salvettielena84@gmail.com
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