venerdì 12 ottobre 2012

COME CAMBIA LA COMUNICAZIONE NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER


COME CAMBIA LA COMUNICAZIONE NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

"Tutti i malati di Alzheimer presentano prima o poi disturbi della comunicazione?" Sì, la Malattia di Alzheimer è associata così di frequente ai disturbi della comunicazione che oramai questi costituiscono uno dei criteri diagnostici (DSM-IV).

Il graduale peggioramento nell'abilità di farsi capire e/o di capire gli altri si rivela una delle conseguenze tra le più disastrose e disarmanti da affrontare, sia per il malato sia per i familiari.

Nella malattia di Alzheimer esiste una notevole variabilità individuale per quanto riguarda il momento della comparsa, la velocità di aggravamento e la tipologia dei disturbi comunicativi. Tuttavia è possibile delineare un certo "profilo" correlato alle tre grandi fasi evolutive della malattia: iniziale, intermedia e avanzata.

Nella FASE INIZIALE i problemi riguardano prevalentemente il contenuto del discorso, e più nello specifico la conversione del pensiero in linguaggio, così come la ricerca lessicale (la scelta delle parole). Il discorso di una persona affetta da Alzheimer in fase iniziale appare confuso. Quest’incoerenza nasce dalla difficoltà di tenere a mente quello che il soggetto intende comunicare mentre il suo pensiero lo elabora linguisticamente.
Di seguito, riporto alcuni esempi che descrivono le caratteristiche tipiche rilevabili nel linguaggio Alzheimer in fase iniziale:
«Spesso mia madre inizia un discorso e poi, senza motivo, non lo finisce» (false partenze).
«Frequentemente mancano dei pezzi importanti nei discorsi di mio padre che ci impediscono di capire cosa vuole dire esattamente» (omissioni).
«Mia moglie, ultimamente, non tiene il filo del suo discorso; salta continuamente di palo in frasca» (intrusioni).
«Ho notato che mio padre da qualche tempo, anche all’interno dello stesso discorso, ripete le medesime cose» (perseverazioni ideative)
Al tempo stesso, il discorso Alzheimer in fase iniziale presenta:
-Anomie:  difficoltà nel trovare le parole (effetto «punta della lingua»);
-Parafasie verbali: uso di una parola al posto di un'altra in base alla somiglianza fonetica (ad esempio "campagna" al posto di "campeggio"), alla somiglianza semantica (ad esempio "forchetta" anziché "cucchiaio") o ad entrambi (ad esempio "accappatoio" invece di "cappotto").
Il malato, essendo in questa fase consapevole dei suoi difetti, ricorre a delle strategie che in qualche modo gli permettono di compensare le sue difficoltà. Queste strategie sono generalmente rappresentate da:
-parole passe-partout: coso, roba, aggeggio...
-termini di incertezza: credo che, secondo me...
-giri di frasi a volte anche lunghe, creando la falsa impressione che la persona sia diventata più verbosa rispetto a prima.
Inoltre, emergono difficoltà nel seguire dialoghi veloci e complessi tra più persone, soprattutto se svolti in ambienti con rumori di sottofondo.

Nella FASE INTERMEDIA aumentano notevolmente le difficoltà linguistiche. Il malato inizia a manifestare una vistosa pigrizia verbale, ossia si esprime più lentamente e si ripete spesso sia nelle affermazioni sia nelle domande. Spontaneamente parla quasi esclusivamente di cose che avvengono nell’immediato. Questo si verifica perchè la persona non è più in grado di mettere in ordine cronologico gli eventi, di distinguere ciò che é già successo da quello che deve ancora accadere e di rappresentare il futuro. A poco a poco scompaiono i discorsi narrativi  per lasciare spazio a discorsi solamente descrittivi ed egocentrici. Si accentua l’anomia che non viene più compensata e sono frequenti le perseverazioni verbali, ad esempio: «Ho bevuto il latte e anche il latte» (al posto di "caffè").
Oltre ai disturbi di contenuto, si evidenziano anche alterazioni a livello della struttura del discorso, ad esempio frasi lasciate in sospeso. Il malato, in questa fase, commette anche delle parafasie fonemiche (a volte ancora riconoscibili: «gabilotto» per «gabinetto») fino a creare dei neologismi veri e propri («crango» per «cavatappi»). Il quadro complessivo corrisponde a quello che gli anglosassoni definiscono "Empty speech", cioè l’eloquio regge, ma è privo di contenuto. Anche il versante espressivo della comunicazione non verbale si deteriora: i gesti che accompagnano le parole non sempre sono congrui e l’espressione mimica diviene meno vivace. A questo stadio, il malato non è più in grado di seguire una semplice conversazione e non comprende più ordini semi-complessi («Prendi il latte nel frigorifero e versalo nella tazza») o complessi («Prima di venire a tavola, vai a lavarti le mani»). Solitamente NON esiste più piena consapevolezza delle proprie difficoltà comunicative.

Nella FASE AVANZATA le risorse linguistiche sono molte scarse. Il malato parla solo se stimolato, con risposte spesso stereotipate, inquinate da parole che il malato stesso ha pronunciato in precedenza o da parole dette da altri. Questo crea delle perseverazioni verbali:  «Giulia chiamo...eh...mi chiamo...chiamo Paolo...ecco…» per dire «Mi chiamo Giulia e mio marito Paolo». Oppure genera  eco-risposte in cui il malato "si appoggia" alle parole dell’interlocutore: «Come stai oggi?» «Come sto? Sto bene, grazie». Oppure si limita a ripetere la domanda fatta dall’interlocutore: «Come stai?» «Come stai?». O, ancora, ripete domande anziché dare risposte: «Hai fame?» «Ho fame?» Infine, a volte si presentano ripetizioni compulsive di parole che il malato sente nell’ambiente, anche se non sono indirizzate a lui.
Negli ultimi stadi dell’Alzheimer, le espressioni verbali possono essere ridotte a qualche stereotipia o qualche parola, o non-parola, isolata che il malato può ripetere instancabilmente. A volte la persona bisbiglia solo le ultime sillabe delle parole: «cie...cie...cie...cie...», oppure associazioni di suoni: «ghi...ga...ghi...ga...ghi». Infine può non emettere che gemiti o urli per poi arrivare a un mutismo totale.
La comprensione risulta gravemente compromessa. La comunicazione non verbale è notevolmente ridotta. E’ presente inerzia motoria. Il volto è completamente privo di espressione. Anche il contatto visivo con l’interlocutore risulta difficile.

Questa è, in linea di massima, la descrizione di come la comunicazione della persona affetta da malattia di Alzheimer si deteriora progressivamente. 

"Cosa devo fare se mi accorgo che un mio familiare presenta problemi di comunicazione simili a quelli descritti per la fase iniziale/intermedia?" E' importante capire l'origine delle problematiche comunicative. Non sempre le difficoltà linguistiche sono connesse a un esordio Alzheimeriano. Il consiglio è quello di  rivolgersi al proprio medico, al neurologo e al neuropsicologo che possono fornire chiarimenti e delineare un quadro completo e preciso della reale situazione.

Nel prossimo articolo fornirò alcune indicazioni utili al fine di garantire l’instaurarsi di un contatto comunicativo ideale con il malato di Alzheimer. Resto comunque a disposizione per rispondere ad eventuali  vostre domande e/o dubbi!


Dott.ssa Elena Salvetti
Psicologa clinica - formata in Neuropsicologia
334.1604200
salvettielena@libero.it
salvettielena84@gmail.com

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